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Recensioni
“ELLE”, di Paul Verhoeven
di Giovanna D'Arbitrio
Presentato al Festival di Cannes 2016, candidato a molti Golden Globe e premi Oscar, vincitore di due César e altri riconoscimenti, il film “ELLE” dell’olandese P. Verhoeven, ispirato romanzo “OH” di Philippe Dijan, suscita accese discussioni tra gli spettatori italiani.

Il film inizia con una scena di stupro davanti agli occhi indifferenti di Marty, un gatto, unico testimone: la vittima, Michèle Leblanc (Isabelle Huppert), è una cinquantenne di successo, produttrice di videogiochi violenti e pervertiti.

Michèle non informa la polizia, ma indaga tra i suoi dipendenti, parenti e amici per scoprire l’identità dello stupratore, il cui volto era coperto da un passamontagna durante la violenza da lei subita.

Intorno a lei, in effetti, donna volitiva e spregiudicata, ruotano strani personaggi: Vincent (Jonas Bloquet), figlio imbranato e irretito da Josie (Alice Isaaz), in attesa di un figlio non suo; Richard (Charles Berling), ex marito, sceneggiatore senza talento che ha una nuova giovane compagna; Robert (Christian Berkel), suo amante e marito di Anne (Anne Consigny), la sua migliore amica e collaboratrice sul lavoro; Irène (Judith Magre), la madre che vive con Ralph (R. Lenglet), giovane toy boy; i vicini di casa, Rebecca (Virginie Efira) e il marito Patrick (Laurent Lafitte), per il quale prova una torbida attrazione; infine, come se non bastasse, suo padre, in prigione da 30 anni per aver massacrato davanti ai suoi occhi di bimba numerose persone e perfino animali, fine si suicida appena chiede di rivederlo dopo lungo tempo.

Il film si destreggia tra i toni del thriller e della black comedy, evidenziando amoralità, violenza e depravazione, vissute con assoluta normalità in seno ad una società borghese ipocrita e corrotta: gli eccessi sono talmente tanti e così paradossali che suscitano perfino ilarità, anche se in realtà il significato e la conclusione della storia sono drammatici e inaspettati.

Se si pensa ai drammi di tante donne violentate nel mondo, in verità non viene affatto voglia di ridere e la storia suscita in genere una certa irritazione nelle spettatrici, anche se apprezzano la superlativa interpretazione di Isabelle Huppert che ha ottenuto premi e riconoscimenti a livello internazionale.

Quanto al regista, conferma senz’altro la sua abilità nonché un marcato interesse per i temi di sessualità e violenza, già evidenziato in altre pellicole come Spetters, L’Amore e il Sangue, RoboCop, Atto di Forza, Basic Instict (forse il suo film più noto).

Notevoli la sceneggiatura di David Birke, la fotografia di Stéphane Fontaine, la colonna sonora di Anne Dudley.

26/3/2017
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