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Campi Flegrei
Da Napoli a Pozzuoli
di Achille della Ragione
In passato per recarsi da Napoli a Pozzuoli per via di terra si percorreva la famosa via Antiniana, alla quale abbiamo dedicato un capitolo specifico; oggi vi sono tre scelte: percorrere l'anonima tangenziale, spendendo un euro e privandosi di panorama e verde a volontà, oppure si può percorrere il lungomare, al quale pure abbiamo dedicato un'esaustiva trattazione ed infine si può, all'altezza del bivio per Agnano, imboccare la antica via Domiziana ed in pochi chilometri si arriva a lambire l'Anfiteatro Flavio, dopo aver costeggiato diverse strutture interessanti, che ora descriveremo per la gioia dei lettori.

Nel cominciare il percorso della Domiziana da Napoli si incontra sulla destra l’Hotel San Germano, famoso perché per anni ha ospitato le squadre che dovevano incontrare il Napoli.

Dopo poco si incontrano i resti di quello che a lungo fu l’ospedale di Pozzuoli (fig. 1), al quale sono legato da un ricordo personale, che dimostra l’importanza di essere ricco e come il possesso del denaro fornisca una illusione di potenza o quanto meno una libertà di decisione sconosciuta a chi vive di stipendio; premesso che all’epoca, per quanto giovane, ero già miliardario, prima che l'entrata in vigore dell'euro mi trasformasse in semplice milionario.

L’episodio risale alla fine degli anni Settanta, quando, partecipai ad un bando per l'assegnazione di un posto di aiuto primario nel reparto di Maternità del vecchio ospedale di Pozzuoli e me lo aggiudicai grazie ad alcune mie pubblicazioni scientifiche, che, oltre alla specializzazione, furono giudicate positivamente dalla commissione esaminatrice.

Il primo giorno di lavoro arrivai con 10 minuti di ritardo, per la difficoltà, essendo nuovo, a trovare un posto nei cortili per parcheggiare l'auto. Il primario sta facendo il giro tra le pazienti con il suo codazzo di aiuti ed assistenti, mi accoglie furibondo e mi ammonisce: "Che non capiti mai più questo ritardo inqualificabile, altrimenti mi arrabbio".

"Non si preoccupi, non capiterà mai più, perché in questo momento mi dimetto". Gettai a terra il camice e nell'uscire dal reparto sbattei con veemenza la porta a vetri, che si frantumò in mille pezzi, alla pari della sovra porta, anche essa di vetro.

Lasciai al custode sbalordito il mio biglietto da visita dichiarando: "Mandatemi il conto della riparazione a casa e porgete i miei saluti al primario".

Proseguendo il percorso si incontra la sagoma imponente dell’Accademia Aeronautica (fig. 2 – 3), uno dei fiori all’occhiello che può vantare Pozzuoli, un istituto militare per la formazione degli ufficiali dell'Aeronautica Militare. La sede è posta al confine con il comune di Napoli. Ha il compito di preparare "giovani ufficiali dai saldi principi morali, motivati ed in possesso delle qualità personali, militari e professionali necessarie per ben operare al servizio del Paese".

È tra le più antiche accademie aeronautiche nel mondo, avendo iniziato le attività nel 1923. Al completamento di studi della durata di cinque anni, i frequentatori conseguono una laurea magistrale. L'Accademia lavora a stretto contatto con l'Università degli Studi di Napoli Federico II, che rilascia quattro tipologie di lauree.

L'Accademia fu costituita il 5 novembre 1923, otto mesi dopo la creazione della Regia Aeronautica come Forza Armata indipendente, ed ebbe sede, per i primi tre anni, presso l'Accademia Navale di Livorno. Nel 1925, si trasferì nella Reggia di Caserta. La nuova sede autonoma venne inaugurata il 10 dicembre 1926.

A Caserta, dal 1926 al 1943, si formarono gli aviatori che presero parte al secondo conflitto mondiale.

Nell'agosto del 1943, esigenze di carattere bellico costrinsero l'Istituto a trasferirsi presso il Collegio Aeronautico di Forlì, ove l'Accademia rimase solo fino al 10 settembre, data in cui ogni attività venne temporaneamente sospesa.

Il 7 novembre 1943 l'Istituto riprese a funzionare presso il Collegio Navale di Brindisi, località in cui si era nel frattempo ricostituita anche l'Accademia Navale.

Nel novembre 1945, l'Accademia si stabilì a Nisida, ove rimase fino al dicembre del 1961. Venne quindi trasferita nella sede attuale, in un invidiabile sito (fig. 4 – 5) che domina la baia di Pozzuoli e la distesa di mare comprendente le isole di Ischia, Nisida, Procida e Capri.

Meno complesso in questo caso il ricordo personale, legato alla partecipazione del comandante dell’Accademia, un austero generale, il 24 gennaio 2002 nei saloni del Circolo Canottieri Napoli ad una mia conferenza, nella quale ricordai la figura di Riccardo Monaco, “Un eroe dimenticato da non dimenticare”.

Sorvoliamo sull’ingresso della Solfatara (fig. 6), alla quale dedicheremo un capitolo, tristemente chiuso da oltre un anno dopo il mortale incidente in cui persero la vita alcuni visitatori, sperando che le indagini della magistratura non durino in eterno, sottraendo decine di migliaia di turisti dalla possibilità di visitare un posto unico al mondo.

Altre tristi macerie si incontrano nel percorso: quelle dell’ex ospedale militare (fig. 7) dove un tempo si trascorrevano i famigerati “tre giorni” durante i quali si valutava l’idoneità a prestare il servizio militare, allora obbligatorio ed anche qui ricordi personali struggenti, quando con vari trucchi, fingendomi sordo e versando sangue nelle urine pungendomi un dito, riuscii a farmi dichiarare idoneo di 4° categoria rosso, una classe che partiva solo in caso di guerra.

Concludiamo in bellezza trattando di un sangue di poco più celebre del mio, visitando il Santuario di San Gennaro (fig. 8) fortemente voluto dalla popolazione, affinché sostituisse la precedente chiesetta, risalente all'VIII secolo. La sua costruzione iniziò nel 1574 e si concluse nel 1580. Esso sorse, secondo la leggenda, sul punto preciso dove san Gennaro e i suoi sei compagni furono decapitati.

Nella cappella destra della navata si venera una lastra (fig. 9) sulla quale, secondo la tradizione, è stato decapitato il santo, la quale attira numerosi fedeli da ogni dove e in qualsiasi periodo dell'anno, poiché nei giorni che precedono l'anniversario della sua decapitazione le presunte tracce di sangue appartenenti al santo assumono ogni giorno di più un colore rosso rubino, mentre durante tutto il resto dell'anno la pietra è nera.

Naturalmente si tratta di una bufala, infatti secondo inoppugnabili studi recenti è certo che la pietra sia in realtà il frammento di un altare paleocristiano di due secoli posteriore alla morte del martire, sul quale si sono depositate tracce di vernice rossa e di cera e che il tutto sia solo frutto di una suggestione collettiva.

13/10/2018
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