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Recensioni
Una storia sbagliata di Giancarlo Visitilli
di Luigi Alviggi
Un libro su difficili vicende umane, centrato su una coppia male assortita soggetta a grandi cambiamenti di vita per eventi esterni irreversibili.

Visitilli scava a fondo nei due protagonisti, per troppi versi agli antipodi, illuminandone l’interno strutturato nell’essenziale benché appena adolescenti: lui si “arrangia”, lei frequenta il classico. Partono da abiti mentali diversi ma, ciò nonostante, scopriranno l’amore reciproco ad avvincerli in un legame fortissimo, di quelli maiuscoli, resistente agli attacchi massicci portati da ogni parte.

Ceto sociale, inclinazioni, progetti di futuro, situazioni familiari, fondamenti imposti da condizioni sociali e familiari del tutto divergenti: Saverio e Anna, protagonisti, li incontriamo avviati su percorsi distanti che mai porterebbero a incontrarsi.

La prima volta succede per caso, poi un evento tragico li spinge l’uno verso l’altro in un percorso denso di ostacoli e minato da condizioni strutturali e familiari che, come quasi sempre accade, nulla fanno per agevolare chi - per nascita e conseguenti rovinose scelte personali - è vittima di cadute molto drammatiche.

Mimmo è l’amico del cuore di lui, orientato verso il malaffare e forte motivo di contaminazione diretta, Mariangela l’amica di lei. Le due coppie di amici vivono vite lontane e opposte.

Non possiamo scegliere da dove provenire, / al massimo decidere solo dove andare, / da quel momento in poi.

Venite in paradiso, là dove vado anch'io perché non c'è l'inferno nel mondo del buon Dio.

I sogni, per i più, sono come le stelle: hanno a che fare con l’illimitato, tanto al di sopra delle nostre teste quanto delle nostre possibilità. Per Saverio, invece, sono come le stelle cadenti. Quando gli è capitato di guardarne una scendere dall’alto, ha espresso un desiderio, pur sapendo che stava per schiantarsi.


Tutto inizia per i soldi dell’erba venduta da lui e Mimmo e non consegnati al boss. Questi mai scherzano, specie col denaro, e gravi mali si addensano all’orizzonte nel quartiere barese dove vivono, tra i più degradati.

Si tratta di mille euro a testa, non poco, e primo rimedio di salvezza personale per Saverio è lo scappare da casa. Orfano di padre - nel malaffare anche lui come riscossore di pizzo e ucciso per uno sgarro dopo aver invano sperato di cambiare lavoro e casa - vive con la mamma mezzo svanita, alcolizzata e prostituta, ma molto religiosa: vorrebbe che anche lui pregasse spesso.
Anna li definirà “gente balorda”. In ospedale al padre moribondo Saverio ha tenuto per tutto il tempo la mano nonostante i tentativi di mandarlo via, ricevendo la sua stretta finale e le ultime fioche parole:

“Diventa qualcuno, ma non come a me. Abbi cura di te”. Quando qualche minuto dopo se ne andò, c'ero solo io. Dopo la prima notte all’aperto entra in una libreria per usarne il bagno e incontra la ragazza che la sorte gli ha destinato, lì per un progetto scolastico di alternanza scuola-lavoro. S’inventa di voler acquistare un libro per un’amica e ne cerca il consiglio. Di primo acchito, guardandola e mentre conosce il suo nome dall’altoparlante, “si perde nei suoi occhi neri”. Anna si allontana. Nei vagabondaggi successivi conoscerà un altro derelitto, Michele, che tenta di metterlo in guardia raccontando la sua triste storia.

C’è però un buono nella vicenda - lo zio Rocco, fratello della mamma, un suonatore, nominato tutore perché lei è stata dichiarata “inadempiente” dai servizi sociali, cioè non in grado di comportarsi come un genitore. È lui a cercare di stimolare il nipote a una vita corretta rispettandone gli obblighi, la cosa sperata anche dal padre. Si preoccupa innanzitutto della scuola ed è inquieto per le troppe assenze, gli dice che la scuola può aiutarlo a cambiare, ed ecco cose ne pensa il nipote:

Ma non migliore. La scuola ti allinea, ti fa diventare uguale agli altri, non diverso. Se sei diverso, la scuola ti boccia. Come alla vita.

Ha due figli adulti dalla moglie separata ma ora vive con il compagno Beppe, altra buona pasta d’uomo. Tra i messaggi al nipote, conoscendone le devianze: “Mi raccomando, Saverio, pensaci a che cazzo stai per fare. Poi, da lì, non si può più tornare indietro”.

E questi, in un rapido ritorno a casa per lavarsi, intercetta nella cassetta postale una comunicazione della scuola sulle troppe assenze e la distrugge.

Il debito incombe impaurendo i due amici ed eccoli - sulla moto di Mimmo recuperata dopo il sequestro fatto dalla banda solo con la promessa di portare i soldi il giorno dopo - avventurarsi con caschi integrali a visiera scura alla caccia della prima preda incontrata.

Capita a una vecchina con la borsa, appena uscita dall’ufficio postale e certo con la pensione, che, cadendo allo strattone, non molla la presa, prima sventura. Mimmo accelera e la vecchia persevera prima di mollarla.

La “fortuna” dei due dura però pochissimo. Saverio sente la sirena dietro, avvisa Mimmo e scende come può dalla moto scappando. La polizia insegue la moto. E dove può finire dopo una corsa a perdifiato se non alla libreria dove trova Anna che, alla richiesta d’aiuto, vedendolo atterrito lo accompagna fuori. Il cerchio si chiude!

Capendo tutto al volo, lo conduce in un attico di famiglia vuoto in zona periferica. Diventerà la mamma che non ha mai avuto portando cibo, bevande, ricambi. Subito scende a fare la prima spesa e, al ritorno, lui confessa il furto che ha fruttato un migliaio d’euro.

Ormai la storia è definita anche se manca un lato basilare che si aggiungerà presto nei giorni… L’appartamento, vicino all’aeroporto e in un palazzo non ancora abitato, ha due vantaggi: l’isolamento e il poter dare sfogo alle fantasie di Saverio bloccato in casa.

L’indomani Anna l’informa che giornali e tv parlano dello scippo, la donna è morta e Mimmo è stato catturato. Nei giorni gli porterà anche giornali per tenerlo informato sugli sviluppi e temendo per lui, ma Saverio l’assicura che Mimmo non parlerà. E le racconterà man mano la sua storia…

Sul padre «Chiedeva i soldi ai negozianti, in cambio di protezione»; sulla madre (senza nome nel libro!): gli scarsi contatti e la sua reazione sempre uguale “«inghiottisce anche quella volta la rabbia, che quasi sempre si ferma in gola, perché è lì che si bloccano le parole, i pianti e qualsiasi boccone indigesto».”; sul luogo di vita:
«I bambini come lui, cresciuti in un quartiere simile e in quelle stesse condizioni, vivono tutto in gran fretta, come chi deve imparare a camminare anche se non sa stare ancora in equilibrio. Saverio le spiega perché: «Capita di morire prima di quanto desideriamo».

Una delle abitudini principali nel quartiere è morire da giovani. A causa della droga soprattutto.

«È anche il luogo in cui nasci e vivi a decidere qual è il prezzo da pagare per farti una vita», Saverio ne è convinto.

Perché ho imparato sulla mia pelle, già da quest'età, che un adulto infelice può andarsene, ricominciare la vita da zero. Un bambino infelice, al contrario, non può pensare una cosa simile.

Anna ricorda le parole del padre e della madre, qualche giorno prima mentre erano a tavola. Ormai è convinta: quella di Saverio, sin dalla sua nascita, è una storia sbagliata.


Ma Anna è molto lontana dal modo di pensare dei genitori: il padre, parlamentare, convinto che i malviventi siano tali per inclinazione personale; la madre, pur assistente sociale in carico presso il tribunale dei minori, al fondo non è molto distante dai pensieri del coniuge e lo dimostrerà ampiamente nello sviluppo della vicenda… E Anna definirà il proprio rapporto “un sogno a occhi aperti”.

La narrazione si sviluppa nel racconto degli incontri dei due nella casa, facendoci conoscere il modo di vedere le cose, diverso per educazione ma al fondo non opposto, ed è il mezzo per approfondire l’animo seguendone i percorsi.

L’analisi potente e dettagliata del progresso degli atteggiamenti segue, anche attraverso inevitabili deviazioni, lo sviluppo di sentimenti che coinvolgono anime e corpi verso un’unione assoluta benché priva di basi affini di partenza. Chi legge beneficia di questa indagine valida ad approfondire meccanismi posseduti da tutti ma che pochi indagano, maturazione dalle conseguenze sempre inattese ma comunque vantaggiose.

Visitilli è docente di lettere a Bari e ha fondato una cooperativa sociale per bambini e adolescenti disagiati. Il registro utilizzato - anche se fortemente drammatico in tanti punti - cattura il lettore, merito della sensibilità dell’Autore abile a sollecitare corde nascoste.

Al fondo dei discorsi di Saverio non c’è il male che ha dovuto troppe volte subire ma sempre l’aspirazione a una vita diversa, a voler volare (vedi mongolfiera sulla copertina) o veleggiare (vedi faro sulla stessa) verso un mondo del tutto diverso, libero da paure e umiliazioni continue, e ci rendiamo conto - senza remora alcuna - che troppi sventurati sono prigionieri, ancor prima di riformatori e carceri, della propria situazione di vita. Per mutarla ci vorrebbe un vero e proprio miracolo sociale!

A contrasto, l’uccello volteggiante in aria (ivi) rappresenta il simbolo di quella libertà da lui sognata ma, per chi privo d’ali, miraggio rincorso invano ogni giorno, ogni ora, ogni attimo, della propria vita.

E l’unione è tale che arrivano a sognare insieme su un futuro nebuloso che certo non parte da premesse propizie. Anna sarà anche l’artefice del rincontrarsi tra zio e nipote, capendo che l’uomo può essere la strada per la salvezza dell’amato traendolo fuori da cupi rimuginii. E Rocco, infatti, lo convincerà a costituirsi.

Ho aggiunto paura alla paura dice Saverio… e ad Anna: «Sei la cosa più bella che mi è successa» e lei risponde: «Non succede nulla per caso».

Con il costituirsi si aprirà per Saverio un altro inferno all’interno del carcere, lungo e travagliato, come facile immaginare, ma non solo. Il destino prepara anche un’altra impensabile trappola in cui finirà del tutto ignaro e incolpevole.

Quando inizia la china, difficile prevedere dove andrà a parare: attesa e delusioni lo consumeranno ancor più.

Per il momento si chiudono i cancelli del carcere minorile, lo zio lo accompagnerà nei preliminari restando con lui finché possibile. Gli dicono che sarà seguito da un’assistente sociale, e ne farà subito conoscenza, e avrà per compagno di cella un ragazzo rumeno, Adrian.

Dai dialoghi tra loro conosciamo molte cose su luoghi e fatti di malavita locale, comuni peraltro a tutte le città, poi i ragazzi scambieranno anche altro nell’avvilimento della cella… La gran parte del tempo la passa a pensare ad Anna e scriverle, sull’infanzia, sul passato, sul primo amore bambino, sulle speranze, sui sogni, sulla visita di lei che aspetta ogni giorno.

Le lettere le darà a Caterina, l’assistente sociale, che si incaricherà anche di portare le risposte... rare e scarne. Anna pare volersi pian piano allontanare dai ricordi troppo intensi e Saverio pensa che non abbia torto su questo, vedendo buio nel suo futuro:

Quasi quasi ho paura a chiamarti amore, per come stanno andando le cose. Ho paura che in questa storia io sono solo, che non esiste più un noi. Che tutto è solo nel mio cuore, un pensiero fisso nella mia testa. I crampi in pancia. Eppure, sei in ogni mia parte.

Però il carcere gli serve anche a leggere, meditare, crescere dentro, e migliorare la disposizione verso il mondo anche se tutto filtrato dalla voglia ardente di migliorare per meritare l’amore di Anna.

A scapito, dovrà portare in conto anche i tentativi di Malandrino, altro carcerato, che vuole farlo diventare corriere nel suo reparto di tutto quanto proibito. Gli oppone un netto rifiuto ma la scontata vendetta, molto dannosa e con il supporto delle stesse guardie della cella, causerà un ulteriore aggravio alla situazione.

Nel luogo però non proprio tutto è negativo: riprende a frequentare la scuola a cui accoppia il laboratorio teatrale dove presto gli viene affidata niente di meno che la parte di Prospero ne “La tempesta” shakespeariana. Nonostante le spine nel petto sarà un trionfo! Bravissimo anche perché ha trasferito sulla scena l’infinito amore per l’Anna scomparsa, e ha convinto il regista a introdurre alcune aggiunte moderne e personali nel dramma che toccheranno il cuore del pubblico entusiasta a lungo plaudente. Il maggior risultato raggiunto nella sua corta “vita sbagliata”! E la migliore medicina per l’anima…

In fondo leggiamo la storia di un amore - vero?, inventato?, che importa! - certo trasfigurata dall’estro dello scrittore nell’arricchirla di poesia e squarci pregevoli, validi a imprimerla meglio in mente per addolcire l’animo e aprirlo verso orizzonti oggi sempre più rari, anche solo a scorgersi…

«Anna mi ha detto che io sono il suo più bello sbaglio»

E lei dirà all’amica:

Se ci pensi, Marià, Saverio ha cominciato a cambiare da quando mi ha incontrato. È come se in me avesse riletto tutti quelli che erano i progetti di suo padre.

Anna che vorrebbe andar via… Marco che vorrebbe andar via…
Anna avrebbe voluto morire, Marco voleva andarsene lontano… qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano (Lucio Dalla: Anna e Marco – 1979).

E - miracolo! - le ultime parole del libro paiono aprire uno spiraglio alla strada verso quegli orizzonti immaginati - idee fisse e tormentose del rinato Saverio - senza poter arrivare a crederci un attimo nel loro avverarsi neanche lui stesso…

Grazie per esserci stata. Vivrò solo se torneremo di nuovo insieme.

Giancarlo VISITILLI: Una storia sbagliata
LiberAria, 2022 – p. 234 - € 16,00


21/1/2023
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