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Sentimenti II, quel contadino
che non tradì mai il suo Napoli
di Mimmo Carratelli (da: il Mattino del 24.7.2016)
E chi dimenticherà mai “Cherì” come presero a chiamare Arnaldo Sentimenti, portiere “a vita” del Napoli dal 1934 al 1948?

Si era invaghito di una canzoncina francese che aveva ascoltato al Teatro Diana da una soubrette di Parigi. “Cherì, cherì”. La canticchiava e la fischiettava in continuazione. Un tormentone nello spogliatoio azzurro.

I vecchi giornalisti di un tempo, Carlo Di Nanni, Arturo Collana, Maurizio Barendson, Ninò Bruschini, che aveva persino giocato con la maglia blu e celeste del Naples, raccontavano la favola di “Cherì” Sentimenti a noi pivelli delle grandi Olivetti nere, innamorati delle linotype.

Un contadino era Arnaldo Sentimenti, fuggito dalla pianura padana. Il calcio fu la sua via di fuga. I Sentimenti, cinque fratelli e quattro sorelle, con papà e mamma, erano di Bomporto, in provincia di Modena. Vigne di lambrusco e campi sterminati, l’orizzonte piatto della pianura e, in fondo, un ponte, sulle acque del Panaro. Dietro il ponte, c’era il mondo. C’era la libertà dalla dura fatica nei campi.

Arnaldo era il secondo dei nove figli di mamma Augusta. I maschi cominciarono a giocare a pallone e Arnaldo scelse di fare il portiere. Il pallone poteva portarli lontano. Giocavano nella Pro Calcio di Bomporto e andavano a fare i provini per le squadre di serie A.

Era il 1934 e Arnaldo aveva vent’anni. Fu notato dall’allenatore del Napoli Garbutt in un raduno di giovani calciatori a Modena. Il tecnico inglese l’avvicinò e gli disse a bruciapelo: “Verresti a fare un provino a Napoli?”. “Ci vengo anche a piedi” rispose Arnaldo.

La favola cominciò così e l’aneddotica si spreca, come ce l’hanno raccontata. Dopo pochi giorni, ai Sentimenti arrivò una raccomandata con la lettera di convocazione del Napoli per Arnaldo e, Gesù Gesù, come esclamò mamma Augusta, un vaglia di 500 lire. Tanto danaro non l’aveva visto mai.

Arnaldo giunse a Napoli vestito da contadino. Il presidente Vincenzo Savarese gli propose 900 lire al mese più vitto e alloggio in una pensione del Vomero e aggiunse: “Ti do mille lire per comprarti un abito, un cappotto, delle camicie e un paio di scarpe”.

Sentimenti rispose: “Io vesto così, le mille lire le manderei a casa perché ne hanno tanto bisogno”.

E Savarese: “Manda pure le mille lire a casa e vai da Armenio, in via Roma, a comprarti i vestiti con questi altri soldi”. Gli diede altre mille lire. In porta, nel Napoli, giocava Giuseppone Cavanna, il primo “giaguaro” tra i pali, con una coppola in testa. Per parte materna, era lo zio di Silvio Piola.

Sentimenti cominciò a fare la riserva. Garbutt gli offriva spesso uno sfilatino con burro, prosciutto crudo e mozzarella. Si faceva voler bene.

L’anno dopo il suo arrivo a Napoli, Sentimenti giocò ad Alessandria. Azzurri in vantaggio per 2-0, poi i piemontesi rimontarono: Sentimenti, incassati due gol, venne espulso. Il Napoli alla fine vinse 3-2. Premio partita di mille lire per tutti, tranne per Sentimenti. “Non le hai meritate” disse il presidente Savarese.

Intervenne Sallustro: “Presidente, le mille lire che spettano a me le passo a Sentimenti, io gioco gratis”.

Savarese si commosse e, dopo che Attila dette il suo premio al portiere, dette mille lire anche a Sallustro.

Fu un beniamino di Lauro che un giorno lo chiamò e gli disse con la sua voce di lupo di mare: “Sentimenti, qui c’è la Juventus che ti vorrebbe, e offre niente di meno che duecentomila lire, sono tanti soldi. Ma se resti, mi fai un grande piacere. Pensaci”.

Il giorno dopo, Sentimenti tornò da Lauro: “Resto. Napoli è la mia seconda mamma e io non me ne andrò mai”.

Nella stessa settimana, Arnaldo trovò in segreteria una busta con cinquemila lire e un aumento dello stipendio. Seconda mamma mia, un giorno l’avrebbe detto anche Maradona.

Arnaldo non si staccò più da Napoli. Fu un portiere para-rigori. Nel campionato 1941-42 ne parò sei di fila e la serie fu interrotta da un memorabile episodio.

I cinque fratelli Sentimenti giocavano tutti al calcio. In una partita al Vomero, Arnaldo (Sentimenti II) in porta al Napoli si trovò di fronte Lucidio (Sentimenti IV), estremo difensore del Modena.

Agli emiliani fu assegnato un calcio di rigore. Lucidio, il più piccolo dei Sentimenti, era un ottimo rigorista. Arrivando di fronte al fratello maggiore, questi gli urlò: “Ma come ti permetti?!?”.

E l’altro: “Non ti permettere tu di parare la palla che ti spezzo le mani”. Lucidio segnò e Arnaldo lo inseguì per tutto il campo.

Dieci minuti dopo, l’arbitro assegnò un rigore al Napoli e la folla si mise a gridare: “Cherì, Cherì, tiralo tu”. Lo tirò invece Verrina e fu 2-1.

Nel Modena giocava anche il fratello più piccolo, Primo Sentimenti (V), che fece perdere ad Arnaldo 13 milioni al Totocalcio. “Cherì”, ormai ritiratosi, provò a giocare una schedina e dette vincente la Juventus nella partita col Modena. Il fratello siglando il pareggio dei modenesi gli mandò a monte la vincita.

A Napoli Arnaldo trascorse tutta la sua vita in una bella casa al Vomero, la collina dove rimase per più di sessant’anni, dal 1934 al 1997.

Un perfetto vomerese. Sposò una napoletana ed ebbe due figlie, Maria Rosaria e Luciana.

Col nipote, Valerio Vegezio, parliamo di “Cherì” ogni volta che ci incontriamo.

“Cherì, cherì”, sembra ancora di udirlo Arnaldo che fischietta quella canzoncina udita al teatro Diana.

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1 – SALLUSTRO

24/7/2016
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