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Calcio
Napoli, la strage degli innocenti: i tifosi
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 11.11.2019)
La rivolta di martedì 5 novembre è stata l’esplosione del profondo scontento nello spogliatoio del Napoli, acuito dalla mancanza di risultati confortanti.

Un malessere diffuso che non risparmia Ancelotti, deluso e forse in procinto di mollare a fine anno (“Napoli è un paradiso, se lascio è per lo stress”) e dovuto a una serie di fatti: i contratti in bilico di alcuni giocatori (Callejon, Mertens, Zielinski, Milik, Maksimovic); l’eccessivo turn-over (De Laurentiis: “Sono stato io a chiedere ad Ancelotti di fare giocare tutti”) che ha disorientato la squadra e le ha tolto identità; il programma sottaciuto per l’anno prossimo (via molti giocatori e cessioni eccellenti, una vera rivoluzione); il “caso” Ghoulam; il “caso” Insigne; la squadra bersagliata da De Laurentiis per il mediocre campionato; il ritiro dopo la partita col Salisburgo con Insigne, Callejon, Mertens, Allan e Koulibaly bollati dalla stampa come “la banda dei cinque”.

Ed ecco la strage degli innocenti. Gli innocenti sono i tifosi che vanno allo stadio, pagano e hanno avuto in cambio questa pazza crisi che non solo cancella le ambizioni dichiarate in estate, ma mette a rischio il futuro del Napoli che, se non dovesse qualificarsi per la prossima Champions, sarà un futuro molto duro. Vediamo i motivi dietro l’insofferenza e la rivolta dei giocatori.

INGANNI A DIMARO
Allegria, ottimismo (De Laurentiis: “Voglio vincere”. Insigne: “Siamo da scudetto”), karaoke e temporali a Dimaro nel ritiro del Napoli. Fioccano sui giornali le stelle filanti che passano nel cielo azzurro e poi si spengono, i giocatori inseguiti e mancati: i difensori Trippier del Tottenham finito all’Atletico Madrid, Mendy del Manchester City, Arias dell’Atletico Madrid, Todibo del Tolosa che è andato al Barcellona, Nathan Akè del Bournemouth; i centrocampisti Fornals del Villarreal ceduto al West Ham, Almendra del Boca Juniors, Lobotka del Celta Vigo; gli attaccanti Kouamè del Genoa (pallino di De Laurentiis), Leao del Lilla finito al Milan, Pépé del Lilla vicinissimo al Napoli e dirottato all’Arsenal per 60 milioni, De Paul dell’Udinese, l’atalantino Ilicic.

Ancelotti vorrebbe James Rodriguez del Real Madrid: per De Laurentiis è troppo caro e non è il giocatore che farebbe fare un salto al Napoli. De Laurentiis si spende molto per Icardi (Milik ne soffre), pur sapendo che il centravanti argentino non verrebbe mai a Napoli.

Il presidente preferirebbe prendere Kouamè invece di Lozano richiesto dall’allenatore. Niente Icardi, niente Kouamè. Comunque, Ancelotti dà 10 al mercato del Napoli (Lozano 42 milioni, Manolas 36, Meret 25, Elmas 16, Di Lorenzo 8) e dichiara: “Questo Napoli è bello e concreto, con tanta qualità, collaudato, con innesti giusti ed è in vantaggio sulle avversarie”.

Si promette molto, come l’anno prima quando Ancelotti disse: “Napoli, adesso portiamo lo scudetto al Sud”. Ancelotti prepara la squadra col 4-2-3-1, Insigne esterno sinistro più offensivo, ma il Napoli incassa 7 gol nelle prime due partite (Fiorentina e Juventus) e si torna al 4-4-2 con una “rosa” di giocatori più predisposti per il 4-3-3.

UN “CASO” OSCURO
Defenestrato lo staff medico di Alfonso De Nicola, che aveva operato benissimo per 14 anni. Ancelotti impone tutto il suo gruppo. Con eleganza, il dottor De Nicola dichiara che per impegni personali non poteva più seguire il Napoli. Ma resta una svolta oscura nella vita del Napoli.

TURN OVER E DELUSIONI
Sedici formazioni diverse tra campionato e Champions. Il turn-over disorienta la squadra e scontenta i “senatori” che escono ed entrano. Non ci sono più i titolarissimi. La squadra avrebbe bisogno di un gruppo fisso di sette, otto giocatori per un migliore affiatamento e l’esecuzione di schemi “a memoria”.

In attacco varia sempre la coppia di punta: Mertens-Insigne, Lozano-Mertens, Llorente-Milik, Mertens-Llorente, Lozano-Milik, Milik-Insigne, Mertens-Milik. Toccato e ritoccato anche il centrocampo. I giocatori sono scontenti perdendo continuamente i riferimenti più sicuri e le certezze nella continuità. Al turn-over si è spesso aggiunto l’impiego di giocatori fuori ruolo. E Ghoulam si sente trascurato da Ancelotti.

ANCELOTTI AL BIVIO
Nove giorni dopo la sconfitta al San Paolo contro il Cagliari, un giornale bene informato sul Napoli titola in prima pagina: “Carlo al bivio”. Scrive: “Ancelotti, vuole risposte sul futuro a cominciare dalla trasferta col Torino. I passi indietro del Napoli spingerebbero il tecnico verso il divorzio a fine stagione, un anno prima della scadenza”.

È il segnale del malessere. Tradotto in povere parole, significa che l’allenatore non ha più fiducia nella squadra e neanche la squadra in lui. Il giornale, dopo il pareggio di Genk (0-0), conferma: “Se ci sarà un nuovo passo indietro, Ancelotti se ne andrà”. Il Napoli andò a Torino e fece 0-0 contro la formazione granata. Passo indietro. In classifica, sei punti dalla Juventus. Seguirono il pareggio di Ferrara con la Spal (1-1) e il 2-2 con l’Atalanta al San Paolo, partita condizionata pesantemente dall’arbitro Giacomelli, e il distacco dalla Juve aumentò a 11 punti. Un continuo passo indietro. Sabato 0-0 col Genoa. Ma è solo e tutto colpa della squadra? E la conduzione tecnica?

L’ANNUNCIO RADIOFONICO
Lunedì 4 novembre, alla vigilia della partita col Salisburgo al San Paolo e dopo la sconfitta di campionato a Roma, De Laurentiis attraverso la radio ufficiale del Napoli annuncia che la squadra andrà in ritiro sino a domenica, dopo la partita col Genoa. Scorrettezza del presidente. Annuncia pubblicamente il ritiro senza averlo formalmente comunicato prima all’allenatore e alla squadra. I giocatori sono sorpresi. E’ un altro dettaglio che si aggiunge ai malumori dello spogliatoio azzurro.

NON È RITIRO PUNITIVO
Attraverso la radio, De Laurentiis precisa che non si tratta di un ritiro punitivo, ma di un ritiro costruttivo. “È un ritiro - dice - che scatta il concetto di solidarietà”. Il distinguo del presidente è bene architettato. A un ritiro punitivo i giocatori potrebbero rifiutarsi di aderire senza incorrere in sanzioni. È un loro diritto. Il ritiro è fondamentalmente punitivo perché De Laurentiis è su tutte le furie per la sconfitta di Roma, la classifica, il distacco dalla Juve capolista e i due punti raccolti nelle ultime tre partite di campionato.

IL LEADER CALMO
All’annuncio di De Laurentiis del ritiro attraverso la radio vicina al Napoli, scavalcando l’allenatore, una decisione unilaterale, Ancelotti replica con calma: “Non sono d’accordo con questa decisione, ma dobbiamo accettarla”. L’accetta solo il tecnico che, dopo la partita col Salisburgo, va in ritiro a Castelvolturno col suo staff. I giocatori disertano il pullman che dovrebbe riportarli in ritiro e raggiungono le loro abitazioni. C’è un distacco della squadra dall’allenatore. E non c’è dubbio che Ancelotti sia molto disorientato.

SQUADRA SOTTO ACCUSA
Il campionato sta deludendo, De Laurentiis fa questa precisazione: “Ancelotti? Non ho motivo di pretendere cose migliori da ciò che ha fatto. Il problema va riscontrato nel lavoro del gruppo, non dipende da Carlo. Non mi preoccupa la classifica, vedo un bel gruppone di squadre che sono tutte là”. È una precisa accusa alla squadra salvando l’allenatore (fino a quando?). L’agitazione dei giocatori aumenta.

MALUMORI PROFONDI
L’ammutinamento al ritiro è solo l’occasione per la squadra di esplodere con i suoi malumori che sono tanti e diversi. Non è stato il vero punto di scontro con la società. La squadra è “in sofferenza” da tempo. Non ha più sicurezze in campo, ci sono contratti da rinnovare e De Laurentiis è estremamente crudo in certe dichiarazioni.

Nello spogliatoio, dopo la gara col Salisburgo, sono successe cose più che sgradevoli che hanno creato una profonda frattura fra squadra e società. L’alterco di Allan con Edoardo De Laurentiis, forse nato da un giudizio improprio del figlio del presidente scritto su una lavagna (in passato Edo ebbe uno scontro duro con Gargano).

La cruda dichiarazione “di guerra” di Insigne a Edoardo De Laurentiis, vice presidente della società: “Di’ a tuo padre che ce ne andiamo, il ritiro non si fa”. E ancora Allan a Edo: “I tuoi soldi mettiteli nel c …”. I giocatori non gradiscono Edoardo De Laurentiis che non è un tramite “super partes” fra squadra e società, “è figlio del padrone”.

Anche Davide Ancelotti ha difficoltà. Da bordo campo è lui a dare le direttive tattiche. I giocatori vorrebbero “dialogare” solo col padre. Edoardo De Laurentiis ha 34 anni, Davide Ancelotti ne ha 30. Sono bravi, ma ritenuti “acerbi” dalla squadra. Hanno quasi l’età dei giocatori, non sono considerati i migliori interlocutori.

VADANO IN CINA
In una conferenza estemporanea tra la folla sotto Palazzo San Giacomo, dove aveva appena firmato col Comune la convenzione per l’utilizzo del San Paolo, giovedì 17 ottobre il presidente improvvisa col solito linguaggio disinvolto sui rinnovi contrattuali, segnatamente di Callejon e Mertens senza nominarli: “Non sono disposto a fare sforzi importanti. Ogni giocatore ha un suo valore a seconda di dove gioca e che età ha. Se poi un giocatore vuole andare a fare le marchette in Cina e, strapagato dai cinesi, va a fare due o tre anni di merda in quel paese è un problema suo. Se considerano i soldi, vadano in Cina”. Per Callejon e Mertens è uno schiaffo nonostante la fedeltà alla maglia azzurra. Hanno 32 anni, si sentono ormai fuori dal Napoli.

ALLENATORE A VITA
De Laurentiis, mentre bacchetta continuamente la squadra, ha sempre parole di affetto e stima per Ancelotti. La squadra si sente isolata, messa sotto accusa sia come collettivo che individualmente. De Laurentiis: “Ancelotti può restare a Napoli altri dieci anni. È nel mio cuore. L’ho scelto per un percorso lungo. È educato, è intelligente, è uno egli allenatori che ha vinto di più”.

AMORE E ODIO
Il feeling tra De Laurentiis e Ancelotti è totale. Non c’è stato lo stesso feeling con gli allenatori precedenti. Grandi complimenti all’inizio, poi polemiche e rotture. Edy Reja era il suo Clint Eastwood, ma De Laurentiis, dopo una partita pareggiata 2-2 con la Lazio al San Paolo, lo aggredì negli spogliatoi: “Non ti metto le mani addosso perché sei vecchio”.

De Laurentiis rinunciò in fretta a Donadoni (19 partite: 5 vittorie, 6 pareggi 8 sconfitte) benché avesse pensato a lui “nei momenti di crisi in questi ultimi cinque anni”. Mazzarri liquidato così: “Non si è mai ambientato a Napoli. Se ha deciso di andare a letto con un altro, vada con un altro”.

Mazzarri trescava con l’Inter e andò nel club milanese. Per Benitez entusiasmo immediato: “Con Benitez ho fatto scopa. Vorrei convincerlo a portare a Napoli la famiglia e farlo firmare a vita”. Però rivendicò: “Higuain l’ho preso io, Benitez voleva Damiao”.

Poi, il divorzio anche perché Benitez si sentiva solo di passaggio a Napoli. Infatuazione per Sarri: “È cento volte meglio di Benitez. Con Sarri la squadra è carica a pallettoni. Legge, sa di cinema. Il Napoli è la sua casa, per lui la porta è aperta a vita, qui può rimanere a fare quello che vuole anche quando il contratto scadrà. Se vuole, potrà anche avere un ruolo alla Ferguson”.

Poi, scontri, polemiche, fuochi d’artificio. Conclusione: “Sarri sta sempre in tuta, urla e bestemmia. Gli abbiamo dato tutto in tre anni, ma non ha portato un solo trofeo a casa. Vuole arricchirsi. Vada ad arricchirsi altrove”. In questi anni: “Ancelotti è adorabile, entrato per sbaglio nel mondo del calcio. È un signore. Ha dieci milioni di followers contro i diecimila di Sarri”. Come finirà?

IL RAGAZZO INFELICE
De Laurentiis: “Non capisco perché Insigne non sia mai stato completamente felice a Napoli. I suoi rapporti con gli allenatori, anche in passato, sono stati sempre ondivaghi. Lo capisco e lo proteggo, ma deve capire che cosa vuole fare da grande. Si tranquillizzi. Se l’allenatore non lo utilizza, non può uscirsene con battute e atteggiamenti di sfida perché Ancelotti è un padre di famiglia che ha sessanta anni e solo per questo non lo manda a quel paese”.

Insigne era praticamente fuori dal progetto del secondo Napoli di Ancelotti. Non è stato possibile cederlo. C’è stata una riunione col suo manager, Mino Raiola, in casa Ancelotti per ricucire il rapporto fra giocatore e allenatore, usurato e poi appesantito dall’esilio in tribuna a Genk, mentre in panchina il tecnico portava Younes.

Lorenzo colpito nell’amor proprio. Momento di tregua il grande abbraccio di Salisburgo dopo avere segnato il gol della vittoria. Ma il malumore di Insigne non è scomparso, ora indicato come capo della rivolta di martedì sera dopo la partita col Salisburgo.

KOULIBALY VERSO L’ADDIO
La squadra non è tranquilla. Molti giocatori si sentono in partenza, liquidati, altri vogliono andare via (Allan). Limiti di età o rapporti impossibili. De Laurentiis chiarisce: “Non bisogna mai affezionarsi a un giocatore”.

Ma i giocatori sono bambini e vorrebbero essere coccolati. Koulibaly sta giocando male perché la permanenza a Napoli è finita? De Laurentiis: “Sono affezionato a Koulibaly. Non l’ho venduto neanche per 150 milioni, poi arriverà un momento in cui bisognerà venderlo per forza”.

Sirene spagnole per Fabian Ruiz, nel mirino di Real Madrid e Barcellona. Il ragazzo non sembra insensibile a questi richiami. De Laurentiis: “Se io mi convinco a pagare trenta milioni un giocatore sconosciuto come Fabian è perché non sono nato ieri. Ma non posso legarmi a un giocatore. Un presidente non può farlo. Prima della squadra e dei giocatori, c’è una società che deve restare in piedi e qualche volta sacrificare un giocatore di valore”. Aumentano le incertezze nella squadra.


IL CERINO DI CARLO

Duri i commenti dei media sul momento del Napoli. “Ancelotti è stato privato di carisma e credibilità da una squadra che decide  per l’ammutinamento”. I tifosi: “Il sogno è finito, si è rotto tutto”.

Riconoscendo all’allenatore il diritto di decidere sui ritiri, evitando decisioni sue personali, De Laurentiis lascia Ancelotti col cerino acceso. Ora saranno tutta responsabilità del tecnico la conduzione della squadra e i risultati. Ancelotti è il parafulmine di De Laurentiis.

Se i risultati non vengono, il presidente che ha ingaggiato (18 milioni per tre anni) uno dei tecnici più prestigiosi non ha colpe. Facile indovinare il pensiero di Aurelio. Ancelotti, stimato e amato nel mondo del calcio per la sua storia gloriosa e il garbo della persona, ha anche evitato critiche aspre al Napoli in questa sua seconda stagione deludente.

Con un altro allenatore, le critiche sarebbero state pesanti e la reazione di De Laurentiis violenta nei confronti del tecnico. Ma ora c’è una frattura che coinvolge anche l’allenatore. Il parafulmine oscilla.

L’ULTIMA SCENA
I rivoltosi e i mercenari sono scesi regolarmente in campo sabato contro il Genoa per un disarmante 0-0. Sul quarto pareggio nelle ultime sei partite di campionato è calato il sipario della nera settimana azzurra. Sopraggiunge la sosta e tutto rimane sospeso in attesa delle mosse di De Laurentiis sulla rivolta.

Chiederà conto alla squadra d’avere leso l’immagine del club. A parte qualsiasi risarcimento che il presidente pretenderà, sono in arrivo multe pesanti. I giocatori hanno chiesto l’assistenza dell’Associazione calciatori per contrastare le iniziative di De Laurentiis che, nel frattempo, è volato in America, lontano dagli occhi, lontano dall’odio, lontano dal Napoli che non c’è più, 9 punti meno dell’anno scorso, 12 punti lontano dalla vetta, il peggior campionato degli ultimi otto anni. 

11/11/2019
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