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Approfondimenti
Incoraggiamo il suicidio
di Achille della Ragione
Il tema di cui tratteremo è sicuramente scabroso, ma invito i lettori a meditare sugli innegabili vantaggi economici e sociali che scaturirebbero se prendesse piede la cultura del suicidio, quando la vita non è più degna di essere apprezzata.

Il Cristianesimo condanna il suicidio e lo stesso è per le altre religioni monoteiste, mentre le culture orientali sono più tolleranti, dalle vedove che dovevano morire assieme al marito nei roghi purificatori, ai samurai (fig. 1), che quando il loro onore era compromesso preferivano la morte alla vita, fino all’esaltazione di una morte gloriosa che perseguivano i kamikaze, i quali si scagliavano impavidi contro le navi nemiche durante l’ultima guerra mondiale.

Analogo fu il gesto dimostrativo di Jan Palach, compiuto a Praga in piazza San Venceslao col suicidio dopo l'invasione della Cecoslovacchia da parte del patto di Varsavia nell'agosto del 1968, durante la cosiddetta primavera di Praga.

Gli antichi filosofi greci consideravano il suicida un disertore dalla vita, e la legislazione ateniese ne esponeva pubblicamente la salma al vilipendio della cittadinanza, mentre del tutto antitetica è invece la posizione della filosofia stoica, che più di ogni altra difende il diritto al suicidio.

Se esaminiamo il mondo animale, regolato da leggi perfette, ideate da una mente suprema ed infallibile, potremmo citare numerosi esempi, il più famoso, quello degli elefanti, che, diventati vecchi o malati, abbandonano il branco per morire in solitudine.

La letteratura si è dichiarata da sempre favorevole al suicidio, dalle tragedie greche ai romanzi di Dostoevskij.

Il suicidio ha sempre affascinato gli scrittori e gli artisti in generale. Tra letteratura e filosofia, Dante Alighieri nella Divina Commedia colloca i suicidi all'Inferno nel cerchio dei violenti contro sé stessi (XI, 40-45), dove condanna Pier della Vigna.

Giustifica tuttavia Catone, uccisosi a Utica (fig. 2), collocandolo nel Purgatorio in quanto autore di un gesto eroico di libertà "politica", poiché aveva rinunciato alla vita pur di non sottomettersi al regime di Giulio Cesare.

Virgilio si rivolge lui, quale custode dell'accesso al monte del Purgatorio, per presentargli Dante stesso in cerca di libertà:

«Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.»

(Purgatorio - Canto primo, versi 70-72)

Qualche esempio classico della trattazione del suicidio in letteratura può essere la tragica conclusione di Romeo e Giulietta (1600 circa) di William Shakespeare o  I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe (1774) o le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo considerato il primo romanzo epistolare della letteratura italiana (1801), dove il protagonista si uccide, atto che è insieme una liberazione e una protesta: liberazione dal dolore e protesta contro la natura, che ha destinato l'uomo all'eterna infelicità.

Nel pensiero di Vittorio Alfieri c'è una visione eroica del suicidio quale estremo atto di libertà.

Il tema del suicidio ricorre spesso nelle Operette morali (per esempio nel Dialogo di Plotino e di Porfirio) di Giacomo Leopardi (1827), in cui il poeta fa una distinzione su quelli che potevano essere i motivi di suicidio per le genti del passato e quelli della sua epoca e fu argomento di ispirazione per Madame Bovary di Gustave Flaubert (1856).

Capolavori della letteratura russa, quali I demoni (1871) e il racconto La mite (1876), entrambi di Fëdor Dostoevskij (1871), e Anna Karenina di Lev Tolstoj (1877), trattano il tema del suicidio.

Potremmo citare il nome di centinaia di personaggi celebri, che hanno scelto il suicidio come degno finale del loro percorso terreno; tra i tanti ricordiamo: Cleopatra (fig. 3), Lucrezia, Catone, Nerone, Van Gogh, Salgari, Hemingway, Dalila, Tenco, Edoardo Agnelli e Marilyn Monroev(fig. 4).

Concludiamo rendendo nota una recente sentenza della Corte Costituzionale (fig. 5), che finalmente ha collocato l’Italia nel novero dei Paesi civili, dichiarando che l’assistenza a chi vuole concludere prematuramente la propria vita non è reato.

Ed allora chi è gravemente ammalato, da tutti abbandonato e senza speranze, cosa aspetta a concludere la sua inutile esistenza con un gesto coraggioso quanto nobile, che apporterà tangibili benefici alla società, Inps in primis.

11/11/2019
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